Sant’Agata di Puglia. Ginetto, Vincenzo e Paolo. I vecchi miei amici della Casa del Sacro Cuore

Dopo avere frequentato la terza media, come si diceva una volta, mi iscrissi al Liceo Classico di Foggia. Dopo un anno, da vincitore di borsa di studio andai a studiare al Convitto Nazionale di Matera e quindi a quello di Bari, dove conseguii la licenza liceale. Per frequentare l’Università di Padova trovai occupazione a Venezia e quindi a Padova. A Sant’Agata venivo a trascorrere le vacanza pasquali, le natalizie e quelle estive. Durante le mie vacanze dedicavo del tempo ai vecchi, ricoverati nell’apposito reparto della Casa del Sacro Cuore di Gesù. Tre erano i miei abitudinari amici vecchi: (nomi di fantasia) Ginetto, Vincenzo e Paolo.

Vincenzo mi faceva scrivere cinque lettere ogni settimana. I destinatari erano i suoi cinque figli, che lo avevano affidato totalmente alle cure della Casa del Sacro Cuore. Alle lettere che scrivevo non è mai giunta una risposta. Vincenzo ne soffriva molto e dopo un paio di anni decise di non farmi scrivere più ai figli. Ne ricordo ancora l’espressione triste e desolata. Aveva un grande bisogno di raccontare e di essere ascoltato. Spesso mi faceva comprare delle lamette da barba., Mi chiedeva di portargli buste e fogli da lettera e tanti francobolli. Erano gli strumenti che gli servivano per alimentare la speranza di ricevere un’attenzione dai suoi cinque figli.

Ginetto era un vecchio cieco e solo al mondo. Era arrivato alla Casa del Sacro Cuore di Gesù in qualità di sfollato da Foggia, che, come è noto a tutti, nella seconda guerra mondiale fu bombardata moltissimo in quanto importantissimo nodo ferroviario. Mi riconosceva dal passo e mi chiamava prima che arrivassi perché ci teneva ad essere salutato per primo. Amava raccontarmi come aveva passato gli ultimi giorni e mi chiedeva, accontentato, di fare una passeggiata fino alla Cappella di San Rocco. Per il giorno di un suo compleanno mi volle come suo ospite. Allora era consuetudine concedere un salottino a parte ai vecchi, che avessero ospiti in qualche occasione particolare. La suora addetta preparò il salottino e Ginetto era lì ad aspettarmi, indossando un completo gessato blu, camicia bianca con cravatta color granato, fazzoletto bianco al taschino della giacca e gemelli dorati. Si commosse alle lacrime . Quel pranzo è stato uno dei più significativi della mia vita.

Paolo si presentava come maestro di musica ed aveva sempre qualche spartito tra le mani. Era autosufficiente, usciva dalla Casa del Sacro Cuore e conosceva tutti i musicanti della banda di Sant’Agata. Amava raccontarmi la sua carriera musicale e a volte mi chiedeva di spedire le sue composizioni musicali a qualche editore. Per quanto ne ho saputo io non ha mai ricevuto risposta. Era sempre indaffarato e triste.

Visitando i miei amici ricoverati ho capito la grande umanità di don Donato Pagano e l’importanza della Casa del Sacro Cuore di Gesù, alla quale sono legato per tanti motivi.

Carmine Granato.

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