Sant’Agata di Puglia turistica, di Michele Antonaccio, 1983

Chi era il prof. Michele Antonaccio

Sono stato alunno del prof. Antonaccio, che insegnava lingua francese e ginnastica ed era contestualmente preside incaricato della scuola media statale di Sant’Agata, che fece intitolare ad Antonio Salandra. Fu anche presidente della Pro Loco di Sant’Agata e animatore culturale

Circondata d’immenso verde la chiesetta di San Rocco, extra moenia; vi si arriva percorrendo un piacevole viale da cui si possono osservare i campi coltivati della Frattella, il modesto ponte sul Frugno, e fra le eleganti colline un informe rialzo, il tozzo monticciuolo tondeggiante dal dotto nome di origine latina, Ultrino, al di là del torrente, un tempo a prati rasi, con scarso erbaggio, ora a bosco molto rado. Uno spazio abbastanza ampio, è davanti alla cappella. Alcuni effettuano ancora tre giri intorno prima di entrare per devoto atto alla Trinità, secondo un rito che risale ai frati basiliani. L’interno è molto semplice: una navata , l’unico altare, la statua del Santo Pellegrino al servizio degli ammalati di peste, perseguitato dai beneficiati, quando egli

fu colpito dallo stesso male. E’ rappresentato con il cane che gli porta giornalmente un pezzo di pane preso al suo padrone chiamato Gottardo.

Dal piazzale, frequentato dai villeggianti nell’estate, si nota il castello con il contrafforte sul lato nordico. Si distingue il balcone che non si addice all’insieme del fabbricato mentre si intonano le quattro finestre, due per lato. La mente va ai racconti sul tesoro nascosto, al corridoio sotto la montagna, adoperato durante i pericolosi assedi per la sortita degli ardimentosi, decisi ad attaccare i nemici alle spalle e sterminarli.

Non la conquista, ma la difesa è stata la prerogativa dei nostri antenati. Se si pensa agli assalti dei barbari, che portavano la morte o la schiavitù in terre lontane, si comprende l’utilità delle strade strette e della varie torri come quella presso S. Nicola, ora scomparsa. Si è grati agli operatori della forestale che hanno saputo incrementare il patrimonio boschivo con una razionale silvicultura, appropriata al nostro terreno.

E’ opportuno sfrondare gli alberi, gli arbusti, di tratto in tratto, per avere spazi liberi fra la fitta, verde recinzione che ci fa pensare all’Infinito di Leopardi: “questa siepe che tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”

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