Venezia. Arte e morte dell’arte

Il grido di Annalisa Orsato*

Da anni il mercato dell’arte gestisce gusti e interessi dei collezionisti spingendoli ad acquisizioni a dir poco disgustose. Corpi sotto formalina, cani lupo sgozzati, pecore segnalate per il macello, frutta “scoccettata” e chi ne ha più ne metta, in nome della innovazione, della denuncia talvolta, della eccentricità. Nel mondo dell’arte bisogna fare qualcosa di nuovo a tutti costi, più di sessant’anni fa pensavo che con la “Merda d’artista” si fosse conclusa la fase di decadenza delle arti che ancora nelle Accademie sono definite Belle! Forse sarebbe utile un ripensamento sia delle Case d’aste di grande rilevanza che dei direttori di Musei perché se è vero che i tempi cambiano, non è detto che le arti debbano per forza rappresentare il degrado e l’orrido. Inoltre c’è un aspetto importante di cui non si è tenuto conto – l’arte per la sua specificità è composta di due fattori importanti: la tecnica intesa come abilità artistica (oggi può essere intesa anche con l’ausilio di audiovisivi, computer, stampanti) e la creatività che a mio parere può dipendere solo dall’intelligenza e sensibilità umana. Qualcuno opporrà che questa è l’arte del nostro tempo, chi vede la guerra non può lavorare in modo diverso. E’ vero ma è altrettanto vero e ne sono profondamente convinta che noi creiamo il nostro mondo e le immagini sono potenti in questo senso, la catarsi con l’arte deve avvenire in ben altro modo. Se non superiamo questa impasse tra arte e morte dell’arte continuando a proporre per cifre irragionevoli l’orrore del quotidiano a dispetto di una maggioranza di persone che non arrivano nemmeno alla metà del mese con lo stipendio che prendono e a chi muore di fame allora possiamo proprio dire che l’arte è defunta.

*Laureata in Storia dell’Arte contemporanea all’Università di Padova

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