Alcuni Paesi stanno correndo ai ripari con interventi, leggi mirate su scuola e famiglia per arginare questo futuro da incubo. Sperando ottimisticamente che non sia troppo tardi, pensando realisticamente che, forse lo è già.
Bari, domenica pomeriggio in un elegante bar cittadino. Sono in attesa di una persona, in piedi, dinanzi all’ingresso, vicino al bancone. Il locale è pieno di coppie giovani, alcuni hanno con sé bambini. Tre di questi bambini sono seduti ad un tavolino poco distante dai genitori: tutti e tre, in mano, hanno uno smartphone. Li guardo: i due maschietti di 8 – 9 anni sono alle prese con un videogioco, ogni tanto si scambiano una parola, sempre con gli occhi fissi con gli occhi fissi sullo schermo luminoso. Poi c’è lei: una bimbetta di cinque anni scarsi. Deliziosa, con i fiocchetti tra i capelli ricciolini: pure lei ha un telefonino tra le mani. Sbircio: non sta giocando. Il suo minuscolo indice scrolla, con una maestria e una ritmica adeguata allo scorrere delle immagini, che mi colpisce. Cosa può guardare, scrollando, una bimbetta di quell’età? Dei cartoni animati? Mi sposto leggermente per mettere a fuoco. E vedo la scena di un film di quelli in voga tra i giovani, una specie di horror soft dove non scorre mai sangue, coi vampiri che sono giovanotti affascinanti solo un po’ diversi dagli umani, ma che sempre vampiri restano: nel senso che il ragazzetto a un certo punto del filmato morde la ragazzetta sul collo. “Signora mi sento chiamare- vuole sedersi?». È, verosimilmente, una delle giovani mamme dei tre bimbi avvicinatasi persino con una celta cortesia. Rispondo che no, grazie, attendevo una persona e non desideravo sedermi. Mentre avrei voluto risponderle che parcheggiare la sua bimba dinanzi ad un telefonino, libera di scrollare filmati equivale a lasciarla per strada, alla mercé di chiunque. Invece taccio, perché diventerei un fiume in piena tempestosa e non mi pare il luogo. La mamma torna al suo posto. Io mi allontano di qualche passo: basita, allibita, sconcertata da ciò che avevo appena visto. Una bimba di pochi anni a guardare sullo smartphone qualcosa che non dovrebbe vedere. Inadatta alla sua capacità di valutazione e distinzione tra realtà e fantasia. Non faccio la solita considerazione da boomer (come si usa dire), cioè che a quell’età dovrebbe stare a pettinare le bambole etc. Tuttavia rifletto su che cosa ne sarà di quella deliziosa creatura con i fiocchetti nei capelli quando, tra qualche armo, affronterà il mondo reale. Avrà elaborato le necessarie difese contro le insidie reali, dove i vampiri fanno male, magari saranno altri ragazzini che passano il tempo proprio come lei alla mercé di qualsiasi tipo di immagini e narrazioni? Ecco: non bisogna andare troppo lontano o chissà in quale scenario sociale degradato o pensare il solito non-mi-riguarda. Perché il futuro prossimo venturo di tutti noi, nessuno escluso – è quella bimbetta abilissima a scrollare una rappresentazione viziata della realtà. La famiglia, intesa come istituzione di prima difesa è in via di dissolvimento per manifesta, terrificante, ignoranza. La politica, che teoricamente dovrebbe avere cura dei propri cittadini è, come al solito nel nostro Paese, distratta: qui da noi si è più lesti a piazzare un divieto di sosta che un impedimento per un attentato alla salute mentale dei nostri figli. E mentre a Palazzo si discetta sul caso eventuale-di tassare -ma-anche-no i profitti stramiliardari dei giganti della rete (padroni di quello smartphone e del futuro di quella bimbetta) alcuni Paesi stanno correndo ai ripari con interventi, leggi mirate su scuola e famiglia per arginare questo futuro da incubo. Sperando ottimisticamente che non sia troppo tardi, pensando realisticamente che, forse lo è già.
Rossana Gismondi , da LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO.
